Il Piede Cavo

Introduzione

Il Piede Cavo è una deformità anatomica caratterizzata da un Arco Plantare Mediale eccessivamente alto ed è spesso associato a Varismo del Calcagno, Abbassamento del primo metatarso e Dita in Griffe.

Meno frequente del Piede Piatto, colpisce il 10-25% della popolazione, prevalentemente le donne. 
Durante il passo, il piede normale diventa sia una leva morbida in fase di appoggio, in grado di ammortizzare il carico al suolo, sia una leva rigida in fase di spinta, garantendo maggiore spinta.

Un aumento dell’Arco Plantare Mediale o Volta Longitudinale Interna determina un’alterazione della redistribuzione del peso corporeo a terra, determinando un appoggio a livello della parte anteriore del piede (avampiede) e del tallone (retropiede), mentre la parte intermedia avrà un contatto limitato o assente.

Il Piede Cavo rimane quindi una Leva Rigida in tutte le fasi del passo, perdendo la capacità di ammortizzare il peso al suolo. Ciò non comporta sempre la comparsa di sintomatologia e non è sempre sinonimo di malattia.

Non tutti i piedi cavi sono patologici ed anzi può risultare un vantaggio per soggetti che praticano sport caratterizzati da salti e continui cambi di direzione. 

Quali sono le cause?

La deformità predominante può essere nell’avampiede (“Forefoot driven”), nel retropiede (“Hindfoot driven”) oppure una combinazione di entrambi.
Il Piede cavo determinato dall’avampiede è secondario da una eccessiva plantarflessione del primo metatarso. Ciò comporta un aumento dell’Arco plantare mediale e dal conseguente varismo del calcagno.
Il Piede Cavo determinato dal retropiede è invece caratterizzato dal solo varismo del calcagno.

Sebbene le cause possano essere varie, tutte le forme derivano da uno squilibrio neuromuscolare che colpisce in primis la muscolatura intrinseca del piede e successivamente il muscolo tibiale anteriore e il muscolo peroneo breve.
Il Piede Cavo Neurologico rappresenta la causa più frequente e può essere congenito oppure acquisito.

Tra le forme congenite, la sindrome di Charcot-Marie-Tooth (CMT tipo 1 e 2) caratterizzata da una progressiva demielinizzazione del sistema nervoso periferico, è quella più frequentemente associata alla concomitante presenza di piede Cavo (in circa il 90% dei pazienti affetti).
Tra le forma acquisite sono da annoverare le lesioni ischemiche, traumatiche e iatrogene a carico del sistema nervoso centrale o periferico (per es. Ictus, lesioni del nervo Sciatico Popliteo Esterno).

Anche il Piede Cavo Idiopatico (senza apparente causa) viene considerato come unica espressione di una patologia neurologica silente.
Il Piede Cavo Post Traumatico è secondario a fratture del piede, in particolare a carico del Calcagno, con interessamento molto spesso dell’articolazione sottoastragalica.
In questi casi non è infrequente solo l’artrosi sottoastragalica ma anche della caviglia, secondaria al malallineamento del retropiede. 

la Presentazione Clinica

Quando il Piede Cavo risulta sintomatico, si manifesta con:
Metatarsalgie e Ipercheratosi Plantare (comunemente conosciuti come calli).
Quinto metatarso doloroso con ipercheratosi sul versante laterale del piede,
Dita in Griffe o a Martello, con ipercheratosi e talvolta ulcere per conflitto con la calzatura.
Instabilità di Caviglia, in quanto il piede cavo predispone le Distorsioni di Caviglia.
Dolore e ridigità di Caviglia per la presenza di sindromi da Impigement o lesioni Osteocondrali in seguito a multiple distorsioni.
Tendinopatie a carico del tendine di Achille, dei tendini Peronei e la Fascite plantare. 

La Diagnosi

Durante la visita è molto importante raccogliere un’accurata anamnesi (ovvero la storia clinica), valutare il comportamento del piede durante la deambulazione e la stazione eretta, eseguire alcuni test specifici per indirizzarci verso il percorso terapeutico più appropriato.

La Radiografia del piede e della caviglia in carico è l’esame di prima scelta per valutare il tipo e il grado di deformità, oltre alla presenza di artrosi in una o più articolazioni.

La Risonanza Magnetica è un esame di secondo livello, utile a valutare eventuali lesioni legamentose, lesioni osteocondrali di caviglia o tendinopatie, secondarie alla deformità e non causa di essa.

L’Elettromiografia viene richiesta nei pazienti con Piede Cavo Neurologico, per capire quali tendini siano ancora funzionanti e quali no. 

Il Trattamento conservativo

Il trattamento conservativo o non chirurgico aiuta ad alleviare i sintomi ma non correggere la deformità.
In genere risulta efficace in caso deformità flessibili e consiste nel:

⦁ Modificare le calzature (evitare scarpe piatte)
Uso di Plantari su misura garantiscono un migliore distribuzione del peso corporeo e maggiore stabilità, ma non correggono la deformità.
Esercizi di Stretching del Tendine di Achille e della Fascia Plantare, oltre al rinforzo muscolare dei muscoli della Gamba.
⦁ Modificare l’attività sportiva, cercando di limitare in fase iniziale quelle ad alto impatto (come la corsa) prediligendo bicicletta o nuoto.
⦁ Uso di terapie fisiche come la TecarTerapia per ridurre l’infiammazione a carico dei tessuti molli. 

Il Trattamento chirurgico

La Chirurgia deve essere preso in considerazione qualora la deformità sia rigida o l’approccio conservativo abbia fallito.

Le tecniche chirurgiche per la correzione del Piede Cavo in caso di deformità Flessibile si avvolgono sia di Osteotomie singole o multiple che di trasposizioni tendinee per ripristinare un corretto bilanciamento muscolare.
Talvolta viene associata un intervento di ricostruzione legamentosa, nei casi di Instabilità di Caviglia.

In caso di Artrosi e deformità Rigide, l’Artrodesi diventa l’unica opzione per ottenere un adeguato allineamento, sacrificando il movimento di una o più articolazioni del piede. 

Il percorso post operatorio

PER OSTEOTOMIE E TRANSFER TENDINEI

Il decorso post operatorio prevede un’immobilizzazione per 4 settimane senza carico con un stivaletto gessato.
Rimosso il gesso, il paziente comincerà a caricare gradualmente con un tutore e potrà cominciare la rieducazione, iniziando dall’idrokinesiterapia (camminare nell’acqua).
È consigliabile eseguire un ciclo di Magnetoterapia a domicilio per favorire la riduzione del gonfiore e la consolidazione dell’osso.

PER ARTRODESI

I tempi di recupero sono in genere più lunghi: l’immobilizzazione con gesso senza carico ha una durata di 5 settimane a cui segue 3 settimane di tutore con il quale il paziente può gradualmente appoggiare il piede mentre il carico completo è dato a 8 settimane.

Idrokinesiterapia e un ciclo di Magnetoterapia sono consigliate per ottenere un recupero più rapido e favorire la consolidazione dell’artrodesi.
In genere il paziente riporta soddisfazione e ripresa della normale attività quotidiana dopo i 6 mesi, con differenza tra soggetto e soggetto legate all’età, deformità di partenza e patologie associate (per es. osteoporosi).

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